Staff Friulani.Net Storia del Friuli

Storia del Friuli (4p.) Basso Medioevo

Alla morte del patriarca Sigualdo (787) viene elevato patriarca, con il consenso dello stesso Carlo Magno, il cividalese Paolino II. Al nuovo patriarca sono riconosciuti i possedimenti della chiesa aquileiese e nuove importanti donazioni (792). Il patriarca vede accrescere il suo potere fino a divenire “missus dominicus” per il regno italico, ponendosi sopra lo stesso Duca del Friuli.

La morte di Paolino (802) e quella di Carlo Magno (814) segnerà un periodo di instabilità. Sarà necessario aspettare il duca Everardo (836-866) per godere ancora di un lungo periodo di stabilità e crescita culturale. Proprio durante il governo di Everardo il Friuli sarà elevato a Marca (846). Di lì a breve però, la crisi dell’Impero segnerà ancora un periodo di fragilità che precederà la più disastrosa delle invasioni: quelle degli Ungari.

Provenienti da una zona compresa tra il Volga e gli Urali arrivarono a spingersi prima in Germania quindi in Italia. A partire dal 899 e nei successivi 50 anni saranno almeno 12 le incursioni degli Ungari in terra friulana. Le loro invasioni non avevano carattere stabile, si trattavano bensì di rapide incursioni che lasciavano dietro a se incendi, morti e rovine. Le conseguenze di queste incursioni saranno fatali per il Friuli, portarono infatti allo spopolamento della regione, all’interruzione delle vie di comunicazione e all’abbandono delle attività produttive. Le istituzioni friulane furono così duramente colpite che sono pochissimi i documenti di questo periodo ad essere arrivati fino ai giorni nostri.

Solo l’avvento di Ottone I alla corona imperiale (951) pose fine a queste tremende scorrerie. Il Friuli unito alla marca veronese fu assegnato ad Enrico, fratello dell’imperatore che nei tre anni successivi sconfisse più volte gli Ungari respingendoli definitivamente nella pianura danubiana.

Sarà però il Patriarcato di Aquileia ad intraprendere una importante opera di ricostruzione. Per il Friuli saranno anni di rinascita sociale e materiale. Molti castelli verranno ricostruiti, altri rafforzati. Nuovo slancio sarà dato alle attività produttive ed in particolare, in pianura, all’agricoltura. Il Patriarcato si consolida ulteriormente con la nomina (1019) a Patriarca di Volfango detto Poppo (o Poppone). Il suo governo durò ben 23 anni alla fine dei quali la carica patriarcale ne uscirà ancora maggiormente rafforzata. Poppone restituirà alla città di Aquileia e alla sua basilica l’antico splendore, non solo: si occupò anche del ripristino delle antiche vie di comunicazione. Appoggiato dall’imperatore corrado II del sacro romano impero|Corrado II ebbe anche il pieno riconoscimento della giurisdizione della sede di Grado (1027). Poppone morirà improvvisamente nel 1042.

Il 1076 sarà segnato dalla crisi profonda tra l’imperatore enrico IV del sacro romano impero|Enrico IV ed il Papa Gregorio VIII. A Worms l’imperatore dichiarerà il papa usurpatore che in tutta risposta scomunicherà Enrico IV, sciogliendo i suoi sudditi da ogni giuramento di fedeltà. Nel castello di Canossa, il gennaio dell’anno seguente l’imperatore si umiliazione di canossa|prostrerà ai piedi del Papa per ottenere l’assoluzione.

In Germania però era stato nel frattempo eletto imperatore Rodolfo provocando lo scoppiò di propria “guerra civile”. Con Rodolfo si schierarono molti principati europei tra i quali quelli di Carinzia, la marca di Verona e lo stesso conte del Friuli. Al contrario il Patriarca Sigerardo (1068-1077) rimase fedele ad Enrico IV e proprio grazie a questa sua fedeltà ottenne a Pavia, il 3 aprile 1077, l’investitura feudale con prerogative ducali su tutta la contea del Friuli alla quale, l’11 giugno dello stesso anno, furono donate anche la marca di Carniola e la Contea d’Istria. «Con tali atti il Friuli riacquistava la sua integrità territoriale e la sua autonomia politica dalla marca veronese e dal ducato carinziano. Tutti i diritti già prima acquisiti sui propri territori e quelli spettanti al conte in quanto rappresentante imperiale venivano unificati nella sola persona del patriarca.» (Menis)

Con la nascita della “Patria del Friuli”, all’unità del territorio friulano veniva ad affiancarsi anche un unità etnico e culturale che ormai poteva essere definita semplicemente “friulana”. Nonostante non si trattasse di un vero e proprio stato sovrano, l’esempio “friulano” rappresenterà una delle forme più mature di organizzazione politica unitaria ed accentrata sorte, nel Medioevo, in Europa.

Ma com’era la società friulana al tempo dei patriarchi?

Tutto il potere (sia ecclesiastico che civile) era in mano al Patriarca che rispondeva direttamente al Papa per quanto concerneva la vita religiosa e direttamente all’imperatore per le scelte di politica interna ed estera. Il Patriarca veniva eletto dal capitolo di Aquileia ma riceveva conferma dell’investitura dal Papa (solitamente ad Aquileia) ed dall’Imperatore (solitamente a Cividale). Il Patriarca sovrintendeva sulla vita politica e religiosa del Friuli ed aveva, in prima persona, la responsabilità della difesa militare. Non aveva una residenza stabile ma tendeva a soggiornare in castelli differenti del Friuli. Frequentemente soggiornava a Cividale e solo dal 1238 gli fu prediletto il castello di Udine. Nel governo del Friuli il Patriarca veniva aiutato da diversi “aiutanti”, in particolare tra questi il Vicedomino che sostituiva il patriarca durante la sua assenza. Vi erano poi diversi “ufficiali superiori”: l’Avvocato della chiesa aquileiense a cui spettava la difesa in giudizio (tale mansione decadde quando la carica divenne ereditaria); il Vicario che sostituiva il patriarca nelle responsabilità civili; il Capitano generale che comandava l’esercito”; il Maresciallo che aveva compiti di sicurezza e polizia; il Siniscalco che manteneva i rapporti con i feudatari.

Il Friuli era diviso in circoscrizioni territoriali che erano affidate agli Arcidiaconi per la cura religiosa e ai Gastaldi (o capitani) per la gestione amministrativa. Il popolo era invece diviso in tre grandi classi sociali: i servi, addetti alla coltivazione o al servizio di case padronali (avevano diritti molto limitati ma potevano riscattare la loro libertà); i liberi, che costituivano la borghesia cittadina; i nobili, i quali potevano ricevere l’investitura dal patriarca o direttamente dall’imperatore (i cosiddetti feudali liberi). Successivamente saranno istituiti i Comuni ed il Parlamento.

Il Comune friulano nasce sulla spinta della borghesia ma a differenza dei comuni italiani non acquisirà il medesimo potere per l’affermarsi del Parlamento della Patria che andrà a sottrarre parte delle competenze delle singole comunità. Il parlamento friulano era composto dal clero, dai nobili, e dai rappresentanti dei principali comuni friulani. La prima seduta si tenne il 6 luglio del 1231, e vi parteciparono le città di Aquileia, Cividale, Gemona, Sacile, Tolmezzo e Udine. In seguito si aggiunsero anche Caneva, Fagagna, Marano, Meduna, Monfalcone, Portogruaro, Venzone, San Vito e San Daniele. L’intensa attività legislativa del parlamento portò il Patriarca Marquando a promulgare (era l’11 giugno 1366) le note Costituzioni della Patria del Friuli, base del diritto friulano fino al 1797.

I successori di Sigeardo si mantennero fedeli alla politica di Enrico IV e poi del figlio Enrico V facendo dello stato friulano un importante pedina della politica imperiale in Italia. Nel 1180, sotto il patriarcato di Ulrico II (1161-1182) viene anche risolta la contesa giurisdizionale con il Patriarca di Grado trasferitosi a Venezia già nel 1156.

Quando alla morte del patriarca Pellegrino II gli succede Volchero di Ellenbrechtskirchen (1204-1218) il Friuli è ormai lo stato più ampio e compatto dell’Italia settentrionale. Questo sarà il periodo di massimo splendore del patriarcato. La stabilità politica raggiunta con Volchero favorì lo sviluppo di nuovi traffici commerciali e diede un grande impulso alle attività produttive; fu inoltre migliorata la rete viaria e brillante fu l’attività culturale (sono di questo periodo le prime espressioni poetiche in lingua friulana).

A Volchero successe il patriarca Bertoldo di Andechs-Merania (1218-1251) che riservò, fin dall’inizio del suo mandato, un particolare riguardo alla città di Udine che in breve tempo passò da piccolo villaggio a metropoli. Riuscì abilmente a fermare le mire espansionistiche di Treviso obbligandolo alla pace (1221). Non riuscì, tuttavia, a mantenere una posizione neutrale nella dura contrapposizione venutasi a creare tra papato ed impero (1245). Il timore di un’avanzata dei ghibellini, Ezzelino III da Romano e Mainardo III, conte di Gorizia, lo spinse a cercare nuove alleanze nel “partito” guelfo siglando intese prima con Venezia quindi con il duca di Carinzia ed infine con tutta la lega guelfa (Brescia, Mantova, Ferrara).

Il Friuli divenne così un elemento di forza della lega Guelfa. Si avviò però anche ad un lento ed inesorabile declino.

Il patriarca non riuscì più a conservare la coesione tra i comuni friulani e frequenti divennero i tradimenti, le congiure e le lotte tra vassalli; lo stesso conte di Gorizia divenne il principale avversario dell’autorità patriarcale. Intanto, nel 1277, Pordenone passava agli Asburgo, divenendo a tutti gli effetti un enclave tedesco nel territorio friulano.

Neanche il Patriarca Raimondo della Torre (1273-1299) che sembra disponesse di un esercito di 1.500 cavalieri, riuscì a placare le cruenti lotte tra feudatari e l’avidità dei conti di Gorizia.

Sarà necessario aspettare la nomina a Patriarca di Bertrando di Saint Geneìs (1334-1350) perché al Friuli sia nuovamente dato lustro e prestigio.

Amato dal popolo, garantì maggiore sicurezza sulle strade, conseguì numerosi successi militari e diplomatici, senza mai trascurare i suoi doveri di Vescovo. Favorì quindi la formazione dell’Università del studi a Cividale (1344). Il 6 Giugno del 1350, ormai novantenne, fu ucciso da una congiura guidata dal conte di Gorizia e dal comune di Cividale ed altri feudatari friulani.

Gli successe Nicolò di Lussemburgo (1350-1358) che instaurò un governo insolitamente violento. Furono perseguiti tutti i responsabili della morte di Bertrando. Così furono abbattuti i castelli di Tarcento, di Porpetto, di Mels, di Villalta, di Invillino e molti altri. Lo stesso conte di Gorizia fu costretto a restituire tutte le terre ed i castelli usurpati.

Alla morte di Nicolò, il Friuli fu però costretto a fronteggiare le mire espansionistiche degli Asburgo che solo le numerose vittorie del “vicedomino” Francesco Savorgnan, nel 1365, scongiurarono.

Il patriarca Marquardo di Randeck (1365-1381) realizzò un importante riforma giudiziaria ma è noto soprattutto per aver promulgato la Costituzione della Patria (Constitutiones Patriae Foriiulii) la quale raccoglieva l’intensa attività legislativa prodotta in diversi decenni dal Parlamento friulano (era l’11 giugno 1366). Di Marquardo è anche la spada che tutt’oggi viene utilizzata a Cividale durante la nota Messa dello Spadone.

Con la morte di Marquando ebbe anche fine un periodo di relativa stabilità politica. La stato patriarcale era ormai sulla soglia della decadenza indebolito dallo spirito di “fazione”, odio e vendetta dei comuni friulani, in particolare tra quelli di Udine e Cividale; lite acquisì presto dimensioni internazionali.

Con la città di Cividale si schierarono gran parte dei comuni friulani, i Carraresi, Padova ed il re di Germania ed d’Ungheria, Sigismondo riconosciuto imperatore da tutti i principi tedeschi; con la città di Udine si schierò invece Venezia. Nel dicembre del 1411 l’esercito dell’imperatore si impadroniva di Udine. Le sorti della guerra cambiarono però l’anno seguente quando, il 13 luglio 1419 i veneziani occuparono Cividale. Dopo undici mesi (era il 7 giugno 1420), dopo una strenua difesa, l’esercito veneziano entrava anche nella città di Udine; subito dopo cadevano Gemona, S.Daniele, Venzone, Tolmezzo. Era la fine dello stato patriarcale friulano.

Dopo lunghe trattative il patriarca Ludovico Trevisan accetterà il concordato imposto da Venezia che, di fatto, poneva fine al diritto di indipendenza del Friuli (1445).

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