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Pasqua in Friuli

Durante il periodo di Pasqua, i paesi friulani sono animati da tradizioni religiose e ludiche.

Vengono riproposti atti di fede che ricordano la Passione di Cristo ma anche riti, prettamente pagani, legati al solstizio di primavera. Tanti gli appuntamenti dalle Alpi al mare.

Come accade oggi, la domenica precedente la Pasqua (le Palme), i fedeli portavano a casa i rametti di ulivo benedetti. Questi venivano gelosamente custoditi poiché in caso di cattivo tempo o incendio, se bruciati, avrebbero allontanato il pericolo. Affinché il prodigio si avverasse il rametto di ulivo doveva però produrre solo fumo e non fiamma.

Nelle località di Camporosso, Ugovizza, Valbruna e Malborghetto, è uso la Domenica delle Palme far benedire il proprio Praitl. Si tratta di arboscelli sostenuti da un bastone di nocciolo e costituiti da varie essenze vegetali (rametti di ginepro, gattici, ulivo, lantana, corniolo) quindi ornato con prodotti della terra: mandarini, mele, carrube … A Camporosso all’interno della chioma viene nascosta una patata (alle volte tre) che poi in virtù della benedizione ricevuta, sarà la prima ad essere piantata nel campo. La funzione della benedizione del Praitl, Palmbush, avviene prima della messa domenicale. A Malborghetto il rito si svolge fuori dalla chiesa, ad Ugovizza la benedizione è seguita da una piccola processione così come a Camporosso. Il Praitl riposto sotto le travi del tetto proteggeva la casa e i suoi abitanti. Adagiato sull’uscio della stalla, prima dell’uscita delle mucche dirette ai pascoli montani, ne assicurava la protezione. Piantato nei campi, garantiva la buona riuscita delle colture.

Il Giovedì ed il Venerdì Santo le campane delle chiese tacciono. Un tempo, i ragazzi correvano per le strade con chiassosi arnesi chiamati cràzzulis, mazzalutis, batècui o batitòcs che volevano ricordare le ferite inferte a Gesù (o anche il chiasso provocato dagli Ebrei alla vista del Cristo). In alcune località, le chiese erano dotate di cràzzulis di grandi dimensioni che venivano utilizzate dal campanile per segnalare le funzioni durante il periodo di silenzio delle campane.

Il Venerdì Santo, è segnato ancora oggi da momenti di raccoglimento e rappresentazioni sacre. Era d’uso non far lavorare gli animali. Le sale di spettacolo erano chiuse. Particolarmente sentita era la processione serale del Venerdì Santo che veniva interpretata in modo solenne. Alcune “Via Crucis” erano delle vere e proprie rappresentazioni “teatrali”. Ad Erto, si svolge una delle rappresentazioni più sentite. L’origine risale alla seconda metà del Seicento e fa seguito ad un voto espresso dalla popolazione colpita da un epidemia di peste. La raffigurazione richiama il dramma sacro medievale, unito tuttavia alla ricchezza di costumi e scenografie. Altre rappresentazioni sacre degne di nota si svolgono a Ciconicco di Fagagna e a Vinaio di Lauco.

Alla mezzanotte del sabato le campane annunciano la risurrezione di Gesù. Un tempo era d’uso lavare gli occhi o il volto per preservare la vista dalla malattia e più in generale lavare l’anima dai peccati.

Il giorno di Pasqua si faceva gran festa e gran consumo di focacce fatte in casa o acquistate. Tra i ragazzini, protagonista diventava l’uovo sodo. In particolare a Cividale del Friuli ha ancora luogo il Gioco del Trùc. Il “Trùc” è un antichissimo gioco che si svolge unicamente nelle giornate di Pasqua, Pasquetta e nell’Ottava, cioè la domenica seguente la Resurrezione. Il più antico documento scritto che cita il “Trùc”, oggi conservato presso il Museo di Cividale, risale al XVIII secolo; il gioco è comunque ben più antico. Questo consiste nel far rotolare delle uova sode di gallina (opportunamente colorate) lungo una discesa di sabbia creata artificiosamente ed al vertice della quale viene collocata una tegola, punto di partenza del gioco. Le uova lasciate cadere lungo la tegola rotolano verso il basso andando a toccare le altre già presenti nel “catino” di sabbia (il “Trùc), generalmente delimitato da mattoni che formano un campo di gioco circolare. Il gioco ha regole molto precise che si tramandano da generazioni. Lo scopo del gioco è quello di colpire una o più uova all’interno del “Trùc”. Ecco le regole principali: (1) si possono utilizzare solamente uova sode di gallina; (2) l’uovo al momento del lancio deve toccare la tegola; (3) l’uovo deve essere lasciato cadere senza spinta; (4) chi riesce a colpire un altro uovo, effettua un altro tiro; (5) il proprietario dell’uovo toccato, per rientrare in gioco, deve riscattarlo da chi l’ha colpito e mettersi in coda per rilanciare; (6) se l’ultimo giocatore non colpisce alcun uovo, il gioco viene ripreso da chi è in sosta da più tempo (vecjo di trùc); (7) chi si ritira dal gioco deve lasciare il riscatto al posto dell’uovo (in genere un soldo). Questa tradizione ludica è ancora oggi molto sentita, tanto che un recente censimento ha confermato la presenza di una ventina di postazioni di gioco nella sola Cividale ed una cinquantina nei paesi limitrofi.

Nella notte tra Pasqua e Pasquetta in alcune località della Carnia era tradizione il tîr des cidulis, un antico rito celtico che sopravvive ancora oggi, con modalità simili, a Forni Avoltri.

Il Lunedì dell’Angelo era dedicato alla merenda sui prati, qui oltre a mangiare si giocava e ballava.

 

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